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Storia, Arte e Poesia by Giovanni Morra

Lo straordinario personaggio che abitò nel Palazzo baronale di Teverola

11-04-2025 18:31

Giovanni Morra

STORIA,

Lo straordinario personaggio che abitò nel Palazzo baronale di Teverola

“habbiamo lo primo huomo al mondo, però non so se viene,, chiamato capitan Francesco Antonio Arpaia, al presente governatore di Teverola"

Dopo aver esplorato il Palazzo-castello, ripercorrendo immaginariamente, grazie alla descrizione fornita dalla nostra guida (l’Apprezzo del 1642), gli ambienti, i percorsi interni ed esterni e gli spazi aperti, è giunto il momento di conoscere da vicino lo straordinario personaggio che, proprio in quegli anni, viveva all'interno di quelle mura.

Credo che pochi Teverolesi sappiano che il suo nome compare in tutti i libri che trattano la storia di quel periodo e che, quasi sempre, viene menzionato anche il luogo dove dimorava. Di lì a pochi anni, infatti, vicende storiche di rilevanza nazionale si intrecceranno in maniera eclatante con quelle del nostro piccolo borgo

Proiettandoci, infatti, nel 1647, possiamo osservare un evento insolito per Teverola.

In una calda giornata di luglio, la consueta atmosfera assonnata della deserta Area’o palazz’ fu improvvisamente interrotta dal tintinnio di sonagli e dal frenetico rumore degli zoccoli di cavalli in corsa. I rustici abitanti del luogo, sporgendo la testa fuori dagli androni, dove godevano di una fresca ventilazione mentre erano intenti a qualche lavoro agricolo domestico, videro sopraggiungere una carrozza scortata da alcuni soldati. All’interno viaggiavano messaggeri provenienti da Napoli, giunti per persuadere il nostro uomo ad accettare una nomina di grande rilevanza politica. Questo avvenimento era la diretta conseguenza delle concitate discussioni, consultazioni e scelte politiche avvenute qualche ora prima in città:

 

habbiamo lo primo huomo al mondo, però non so se viene, il quale è nato nel mercato, chiamato capitan Francesco Antonio Arpaia, al presente governatore di Teverola in Aversa, il quale per servizio del popolo è stato con me carcerato. 

Seguendo il rituale, Masaniello corse al tavolato, la gente si raggruppò e lui espose l’argomento: “Populo mio, mi dicono che vi è Francescantonio Arpaia Capitano, uomo di spada, nato al Mercato, uomo tanto buono, il quale è stato tanto tempo carcerato in Spagna per servizio de lo populo, processato dalli Cavalieri nello tiempo de lo Duca d’Ossuna. Che vi pare? Vogliamo mandarlo a chiamare, che sta a Teverola? E facciamo esso Eletto del populo?” “Signore sì!” “Questo è buono!” “Questo è buono, che è poco amico de’ cavalieri ed è de lo Mercato””  (Archivio storico per le province napoletane – volumi 41-42, pag. 324).

 

Siamo nel pieno della Rivoluzione di Masaniello e Giulio Genoino, la più influente guida intellettuale tra i rivoluzionari, propone il nome di Arpaia per la nomina a Eletto del popolo.

l'Eletto del Popolo era il Rappresentante dei 29 antichi quartieri di Napoli nella struttura di governo municipale, composta da sei membri, di cui cinque nobili, eletti ciascuno in un sedile della città. Ogni quartiere, chiamato Ottina, era guidato da un Capitano incaricato di mediare tra il governo vicereale spagnolo e le istituzioni locali.

I 29 Capitani votavano tra loro per selezionare sei nomi, tra i quali il Viceré sceglieva poi l’Eletto a lui più gradito. Tuttavia, come abbiamo visto, l’elezione di Arpaia non seguì questa prassi: per volontà di Masaniello, avvenne per acclamazione.

A questo punto cerchiamo di comprendere chi fosse veramente Francesco Antonio Arpaia, come si fosse arrivati alla sua nomina a Eletto del Popolo e perché si trovasse a ricoprire un ruolo di potere nella nostra Teverola.

Secondo lo storico Gaspare De Caro, fu "schermitore di professione, tra i più noti del suo tempo a Napoli, e forse anche uomo di legge". Bartolomeo Capasso lo definisce “uomo di legge e valente schermitore”. Francesco Capocelatro, storico suo contemporaneo, lo descrive come “uomo pronto di mano ma di vivace ingegno e di onorevole presenza”.

Nato nel 1587 nella popolare piazza Mercato di Napoli, dove il padre gestiva una bottega artigiana, nel 1620 Francesco Antonio Arpaia venne nominato Capitano di quel quartiere dal viceré Ossuna. In questa veste, si distinse per aver guidato un tumulto popolare contro la nobiltà, che gli costò una condanna a dieci anni di galera sulle navi spagnole.

Nel contesto della Rivoluzione e nell’urgenza delle nomine, Genoino presentò Arpaia come una persona degna di fiducia, che si era distinta per le sue capacità di comando durante la sommossa del 1620 e che, essendo figlio del popolo, incarnava al meglio le istanze popolari. Queste caratteristiche rendevano Arpaia il candidato ideale per ricoprire la carica di "Eletto del Popolo".

Masaniello, riconoscendo le qualità di Arpaia, non esitò a conferirgli "a voce pubblica" il mandato per la carica di "Eletto del Popolo", una decisione che fu approvata sia dal viceré che dalle assemblee delle Ottine.

Cerchiamo ora di chiarire perché l’Arpaia si trovasse a Teverola nel ruolo di governatore. A tal proposito, esistono due versioni discordanti tra gli storici. La prima fa riferimento al vescovo di Aversa, Carlo Carafa:

Aurelio Musi: “Nel 1647 è a Teverola commissario di Carlo Carafa, vescovo di Aversa, poi cardinale”;

Giuseppe Mrozek Eliszezynski: “Alla vigilia della rivolta era a Teverola, nei panni di commissario del vescovo d’Aversa e futuro cardinale Carlo Carafa. Dai primi di luglio fu uno dei capi riconosciuti della rivolta.”;

Rosario Villari: “ed era diventato amministratore del feudo di Teverola, appartenente al vescovo di Aversa Carlo Carafa”.

 

La seconda versione riconduce ad un ricco mercante:

Francesco Capocelatro: “fatto venire a posta dal casale di Teverola presso Aversa, dove dimorava per capitano e fattore del luogo in vece di Andrea di Terza, di Lauro, ricco ed onorevole mercatante”

Gaspare De Caro: "fu assunto al servizio di un mercante di Aversa, tale Andrea di Terza di Lauro, che gli affidò l'incarico di vicebarone della terra di Teverola”.

Ci si chiede chi fosse questo mercante Andrea di Terza di Lauro e come potesse affidare l’incarico di vicebarone non essendo egli stesso un barone. Ci chiarisce tutto Innocenzo Fuidoro (1618-1692):

il quale Terradilavore………….. era stato huomo ordinario, portando addosso un tempo le cassette di tela et biancherie vendendo per Napoli; poi con qualche poca commodità vendé oglio alla grossa, con la quale mercantia arricchitosi si fé barone comprandosi il casale di Teverola vicino alla città di Aversa”

Insomma, Terza di Lauro è probabilmente un’alterazione di Terradilavore, dovuta a una trascrizione errata da una fonte poco leggibile. Il quadro diventa ancora più chiaro se consideriamo quanto scrive Leopoldo Santagata:

 “Nel 1645, ad istanza dei creditori della famiglia dé Franchi, (Teverola n.d.r.) fu messa in vendita “sub hasta” e fu acquistata per 70600 ducati dal signore Andrea Terralavoro.” Aggiungiamo che questa famiglia conservò il feudo per ben 140 anni fino al 1785, “quando, per la morte senza legittimi successori di Felice Terralavoro, fu devoluta alla Regia Corte. Di lì a poco tempo ………  passò alla famiglia Carafa dei Conti di Policastro, il cui palazzo esiste tuttora in Teverola alla via Garibaldi n.65.”

Ritornando alle vicende storiche è importante precisare che la rilevanza politica di Arpaia non venne meno con l’assassinio di Masaniello, ma continuò anche dopo. In qualità di Eletto del Popolo, egli entrò a far parte del triunvirato che si insediò successivamente, insieme al nobile Francesco Toraldo e all’avvocato Vincenzo D’Andrea, rappresentante della borghesia. 

E per concludere, al fine di offrire un quadro quanto più esaustivo possibile sul personaggio in questione, ospite illustre del palazzo baronale di Teverola, riportiamo quanto scrive Silvana D’Alessio:

“racconta il reverendo Giuseppe Pollio, testimone della rivolta: visto che Masaniello non era più in condizioni di governare (Pollio parla proprio di un male fisico: dolori allo stomaco e stordimento), il popolo decise di togliere il comando a Masaniello e di darlo ad Arpaia.”

“Va poi presa in considerazione la testimonianza del duca di Guisa, secondo cui riuscì a far arrivare all’Arpaia, diventato «padrone assoluto» di Napoli (presumibilmente subito dopo la morte di Masaniello), la notizia che la Francia fosse concretamente disponibile ad aiutare il regno a liberarsi della Spagna.”

Infine, va detto che Arpaia, all’interno dello schieramento intellettuale della rivolta, fu probabilmente uno dei primi a mostrare simpatia per la formula repubblicana.

Fu poi il nuovo capopopolo, Gennaro Annese, sostenuto dalla Francia, a proclamare la "Real Repubblica Napoletana" nell'ottobre del 1647. Tuttavia, questa fase ebbe vita breve: nell'aprile del 1648 l'armata di don Giovanni d'Austria mise fine alla Repubblica, ripristinando il potere spagnolo a Napoli.

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